lunedì 9 gennaio 2017

FareOm



Salve a tutti,
è con grande soddisfazione che vi presento il lavoro che mi ha impegnato per buona parte di quest’anno, con la convinzione di aver ben speso il mio tempo.

FareOm è un progetto nato per gioco, sulla base di un’immagine che gira in internet di un finto medicinale di musicoterapia: una trovata simpatica, divertente e paradossale che ha stimolato la mia fantasia dando origine a un’idea - certo bislacca ma - che ritengo utile sotto vari aspetti.

FareOm è un medicinale di musicoterapia; un ossimoro, ovviamente, ma che qui si concretizza in un semplice foglietto che spiega come fare “Om”, una pratica di rilassamento tanto antica quanto efficace nel ridurre lo stress e alleviare tutti quei disturbi, fisici e psicologici, prodotti dallo stress.
Il canto dell’ “Om”, al di la delle implicazioni religiose, nasce più di 3000 anni fa come aiuto per ristabilire un equilibrio mentale e, conseguentemente, un rilassamento fisico; forse, la prima forma di musicoterapia della storia.
Chi ha avuto modo di sperimentare questa tecnica sa di cosa parlo.

Ho già parlato in questo blog dello straordinario potere dei mantra, che pratico personalmente da molti anni e insegno in diversi percorsi.
Tuttavia, volendo produrre un oggetto capace di raggiungere la grande massa, ho ritenuto più efficace proporre il primo e il più semplice dei mantra : l’  “Om”.

FareOm è stato creato con il packaging di un medicinale per essere distribuito nelle farmacie e concorrere con gli ansiolitici nell’aiutare a recuperare un sereno equilibrio psicofisico. Un obiettivo ambizioso, mi rendo conto, ma affrontato in forma semi-seria; infatti il libretto interno, che richiama i punti di un qualsiasi bugiardino medicinale, è scritto in modo ironico; primo perché non è mia intenzione iniziare una guerra con la seriosa a infallibile disciplina medica; ma soprattutto perché ho imparato da Patch Adams a vedere l’ironia come un’importante forma di terapia: un metodo di approccio alla vita capace di ridimensionare anche gli eventi più intensi, offrendo vantaggi ineguagliabili nel percorso di cura.
In questo modo, chi non crede alla musicoterapia potrà almeno farsi una piccola risata e, spero, approcciarsi alla giornata con un sorriso.

Altro scopo, parimenti importante, di FareOm è quello di diffondere il pensiero che è possibile prendersi cura di sé senza incolpare sempre la sorte del proprio benessere o malessere; un principio che in questo contesto storico sembra quasi alchimia, ma che viene condiviso da un numero sempre crescente di medici.
Un amico, medico di base, già qualche anno fa mi disse: “se uno non vuol guarire, non c’è nulla che possiamo fare”.

A questo proposito, ecco un piccolo estratto di FareOm:
AVVERTENZE SPECIALI
Condizione indispensabile per ottenere buoni risultati è dedicare TEMPO e VOLONTÀ alla cura di sé.
Se non siamo disposti a dedicare del TEMPO al nostro disturbo, pensando che passerà da solo o che solo i medici possano risolverlo, è meglio regalare questo prodotto al vicino di casa.
Occorre anche la VOLONTÀ di curarsi. Non un semplice “mi piacerebbe stare meglio”, ma una forte capacità di superare tutti gli aspetti positivi che, immancabilmente, la malattia porta con sé: il piacere di ricevere attenzioni, di avere vicino i propri cari, di trovare una scusa per riposarsi dal lavoro e altro ancora.
Se ci piace essere malati, nessuno al mondo potrà guarirci.

So bene che un progetto di questo tipo farà storcere il naso ai puristi della musicoterapia, quelli che usano la parola “musicoterapia” solo per i contesti terapeutici che lavorano primariamente sulle emozioni. Ho lavorato quasi vent’anni  con questo metodo e posso solo essere d’accordo; per questo ho inserito nel libretto un esplicito riferimento anche a questo principio.
Ecco un altro piccolo estratto:
PRECAUZIONI PER L’USO
Questo farmaco ci invita ad occuparci in prima persona di noi stessi e a scoprire che non siamo impotenti di fronte al nostro disturbo, ma che abbiamo la possibilità concreta di intervenire su di esso.
La Musicoterapia ci insegna che i malesseri hanno un forte legame con il nostro modo di affrontare gli eventi della vita; quanto più si agisce su questo nostro approccio, tanto più si può ridurre ed eliminare i disturbi sopra indicati.

Negli anni ho imparato che il farmaco tradizionale è apprezzato dalla gente per la sua realtà concreta e tangibile.
La musicoterapia in scatola è evidentemente un paradosso, ma anche una forma concreta per presentare una materia che di concreto non ha nulla e, per questo, fatica ad arrivare a chi ha bisogno di cose materiali, di vedere e toccare per credere; questo è un altro importante obiettivo di FareOm, un semplice esercizio che tutti possono comprendere ed eseguire, e da esso trarre giovamento.
La grande scommessa di questo progetto è di far arrivare la musicoterapia all’attenzione di tutti come mezzo efficace per affrontare la causa nascosta di moltissime patologie: le proprie emozioni.
Tutti noi sappiamo che la musicoterapia è una disciplina clinica a tutti gli effetti, anche se in Italia tarda ancora il riconoscimento statale; è ora quindi, di portare l’opinione pubblica a conoscenza di questo straordinario metodo di cura. Noi ci proviamo in questo modo, sperando che possa essere un aiuto per tutta la categoria.

Entrando nel concreto, FareOm ha iniziato la sua vita commerciale nel periodo natalizio grazie all’aiuto di due amici di Bergamo (dove viviamo): un farmacista e il titolare di un centro olistico.
In due settimane abbiamo venduto 30 scatole; un risultato che lascia ben sperare e ci stimola ad avviare la distribuzione su vasta scala.

Credo di aver esposto tutti i punti che hanno spinto me e il mio socio Alberto (l’economista) a realizzare questo progetto, con la speranza di avere l’approvazione e il sostegno di tutti i colleghi.
Chi vuol farmi conoscere la propria opinione, darmi consigli, conoscere meglio il progetto o aiutarmi a diffonderlo può scrivermi, qui o in privato a info@uonierelazioni.it.

Grazie
Sergio

lunedì 23 maggio 2016

La Risata distrugge l'ego



Grazie Tolle; ho fatto di questo pensiero uno dei fondamenti della mia pratica, nelle situazioni con i parenti, quando non si può fare a meno di utilizzare il verbale.
A volte suggerisco di prendere con leggerezza anche le situazioni più difficili e spesso devo scontrarmi con pensieri di accondiscendenza verso il vittimismo.
“Chi si lamenta ha sempre ragione”  dice, ironicamente, Tolle.
Questa è l’opinione comune, anche fra molti professionisti della relazione; è uno schema mentale da cui è difficile uscire. Quando c’è un’intensa emozione di negatività si è immersi in modo tanto coinvolgente che chiunque prova ad opporsi vien visto come irriverente.

Eppure penso che sia proprio questo il compito di un terapista: offrire nuovi punti di vista.
Aiutare il proprio paziente a muoversi dal sentimento negativo verso uno più ottimista, perché è qui che la persona può trovare una nuova strada per risolvere il suo problema.
Non mi stancherò mai di ripetere che il terapista non guarisce, ma cammina con il paziente, aiutandolo a mettere in atto il proprio personale processo di guarigione o di superamento della situazione problematica. Come può farlo se prima non esce da una visione catastrofica di sofferenza ineluttabile? Per uscire dalle situazioni più buie occorre combattere l'ego, come dice Tolle, con la risata e la leggerezza.


Il problema è trovare la via giusta per non offendere il paziente.
Non nego di aver fatto anch'io sbagli clamorosi; sbagli tanto gravi da far mettere in dubbio la mia professionalità, soprattutto ai più conservatori.
Eppure è normale che si raggiungano i successi attraverso una via lastricata da insuccessi.
Quante volte mi è capitato di sentire la gente comune commentare duramente anche medici illustri: “meno male che è un professionista; anche uno stupido capirebbe che non si devono dire certe cose!!”
Gli insuccessi, ripeto, sono all'ordine del giorno ma troppo spesso bisogna sopportare gli affondi di chi cammina sulla strada sicura e che morirà nella routine del "questo è bene, quello è male".

Ciò che mi da maggiormente da pensare, però, sono i professionisti in campo sociale discepoli del facile pietismo; persone che, pur non avendo armi per fronteggiare situazioni difficili, non risparmiano commenti taglienti verso chi tenta strade alternative.
Vorrei precisare ancora che, a parer mio, il terapista non è l’amico pronto ad ascoltarti in silenzio e fornirti un appoggio.
Anche!! Certo, in alcuni casi è utile anche questo approccio. Ma non può fare solo questo.
Il terapista deve saper sorreggere, spronare, aprire nuovi orizzonti, scuotere e, a volte, anche arginare comportamenti distruttivi.
Noi che siamo professionisti dovremmo sforzarci di vedere e far vedere agli altri che negli sbagli dei colleghi c'è, spesso, il tentativo di percorrere una strada non convenzionale.
La differenza fra un ciarlatano e un professionista sta nella capacità di riconoscere, in un dialogo sereno, che il proprio tentativo non era il più corretto.

Evitiamo di cadere nel comportamento comune di denigrare ciò che non capiamo.
Troppo spesso accade che, per paura di offendere, sbagliare, perdere la rispettabilità, perdere il lavoro e altri mille motivi … anche il professionista più convinto si allinea con la massa.

Resistere, Resistere, Resistere!!!


“Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.”   (Calvino)

lunedì 16 maggio 2016

Musica Et Terapia N.32



E' uscito l'ultimo numero della rivista "Musica et Terapia" con l'articolo sulla Terapia Vibrazionale e gli Stati Vegetativi che avevo pubblicato su questo Blog qualche mese fa.
La grafica è decisamente bella.





lunedì 4 aprile 2016

Aiuta te stesso e aiuterai il mondo



Dopo sedici anni di lavoro in campo sociale mi viene ancora un brivido lungo la schiena quando sento un professionista dire: "gli utenti vengono prima di tutto".
Nella mia esperienza, dietro questa frase ho trovato spesso un grande vuoto umano.
Prima di essere professionisti, siamo persone, chiamate a crescere e migliorarci continuamente, perché è questo che offriamo quotidianamente alle persone con cui lavoriamo.
Solo lavorando continuamente sul nostro benessere possiamo offrire benessere a qualcuno.
Qualcuno pensa davvero che ciò che facciamo sia più importante di "COME" lo facciamo?
Possiamo forse ridurre il nostro lavoro ad una mero svolgimento di azioni e sorrisi?
Può un professionista preoccuparsi più della buona riuscita dell'attività che del proprio modo di vivere la relazione?
Può un responsabile preoccuparsi più della perfetta organizzazione che dei rapporti umani e del clima di benessere dei, e fra i, propri collaboratori?
E' questo che significa "aiutare l'altro"?

Raramente cito uno psicologo, ma non trovo parole migliori di quelle di Jung.

«Tu non devi intervenire sull’Altro, ma su di te, a meno che l’Altro richieda il tuo aiuto o la tua opinione.Comprendi tu quello che l’Altro fa? Mai… D’altronde come potresti? E un altro comprende ciò che fai tu? Da dove viene il diritto di avere opinioni sugli altri o di agire su di loro?
Tu hai trascurato te stesso, il tuo giardino è pieno di erbacce, e tu vuoi insegnare al tuo vicino l’ordine e fargli notare i suoi difetti! Perché hai da tacere sugli altri? Perché ci sarebbe molto da dire sui tuoi propri demoni.

Ma se tu hai opinioni sull’Altro e agisci senza che lui abbia chiesto la tua opinione o il tuo consiglio, lo fai perché non riesci a distinguere te stesso dalla tua anima.
Tu stesso hai bisogno del tuo aiuto; devi tenere pronti per te stesso opinioni e buoni consigli anziché correre dagli altri a offrire comprensione e a voler dare aiuto. Che cosa sono dei demoni che non agiscono per conto loro?
Perciò lasciali agire, ma non attraverso di te, altrimenti tu stesso sarai un demone per gli altri.
Lasciali a loro stessi, e non volerteli accaparrare con amore maldestro, apprensione, prudenza, consigli e altre presunzioni. Altrimenti faresti il lavoro dei demoni, saresti tu stesso un demone e finiresti nella pazzia.
I demoni però gioiscono della pazzia degli uomini indifesi che vogliono consigliare e aiutare gli altri.
Perciò taci, e compi in te stesso l’opera di redenzione; allora i demoni dovranno tormentare se stessi, così come tutti i tuoi simili, che non distinguono se stessi dalla propria anima e si lasciano perciò ingannare dai demoni.
E’ crudele abbandonare a se stesso il proprio simile accecato? Sarebbe crudele se tu potessi aprirgli gli occhi.
Ma tu potresti aprirgli gli occhi soltanto se lui ti richiedesse la tua opinione e il tuo aiuto. Se però non richiede il tuo aiuto, allora non ne ha bisogno. Se tu, malgrado questo, imponi a lui la tua opinione, allora per lui tu sei un demone e aumenti il suo accecamento, poiché gli dai un cattivo esempio.»
(“Prove” – dal “Libro Rosso” di Carl Gustav Jung)

lunedì 30 novembre 2015

Malattia e Relazione



Arthur Miller, commediografo americano divenuto famoso ai più per il matrimonio con Marilyn Monroe, ha tratto alcune pennellate sulla malattia che meritano attenzione.
Siamo nel 1995 quando scrisse "Vetri Rotti", da cui traggo queste due pagine molto suggestive.





" ... Ci ammaliamo in due e in tre e in quattro, non da soli."
DIAGNOSI: Ogni malattia è l'effetto di una relazione.
(Ricordiamoci che siamo nel 1994)
E la cura?
"Vorrei che le dessi tanto amore"



lunedì 16 novembre 2015

Mozart, Requiem K626

Recentemente ho avuto uno dei risultati più forti della mia carriera, a dimostrazione di come anni di studio e di pratica, il continuo aggiornamento e le costanti sperimentazioni nulla possono di fronte all’incredibile potere del caso (il fattore C).
Lavoro settimanalmente in un nucleo Alzheimer con circa 24 “detenuti” a cui propongo una musica d’ambiente capaci di tenerli svegli in modo sereno per poter proporre, ad alcuni di loro, un percorso in cuffia mirato ad incrementare l’attenzione e la capacità di ascolto. Le due attività si svolgono contemporaneamente e nello stesso ambiente.
Con la musica ambientale riesco solitamente a mantenere un clima rilassato con l’effetto di mantenere viva l’attenzione di molti di loro ma anche di far addormentare o mandare in isolamento i più sensibili.
Non riesco tuttavia a ridurre le manifestazioni ossessive e fobiche di forte intensità; queste portano spesso molti elementi del gruppo a manifestare intolleranza e rabbia in modo forte e continuo nei confronti di altri utenti o degli operatori.
A ciò dobbiamo aggiungere l’effetto disastroso di alcuni operatori che, per motivi vari, si approcciano agli utenti in modo irruento, provocandone reazioni violente che, a loro volta, innescano un effetto domino di rabbia.
Una mattina l’oggetto ossessivo di alcuni si concentrava sulla volontà di ascoltare la messa. Chissà perché si trovavano sintonizzati in tre utenti sulla stessa richiesta.
Ho deciso di assecondare la richiesta e ho proposto un misto di brani religiosi, gospel, madrigali e gregoriani. Dopo 40 minuti non ho riscontrato alcun effetto; la tensione di messa si era spostata su altre richieste, ma l’emotività ossessiva di base non si riduceva.
Ho pensato di alzare il livello della proposta proponendo la messa in requiem di Mozart.
L’effetto è stato quasi immediato.
Dopo 3 minuti la maggior parte di loro si è zittita mentre i più irrequieti hanno cominciato a parlare a bassa voce; dopo 5-8 minuti il silenzio era completo.
Dopo 15 minuti di permanenza costante in uno stato di silenzio, ma sveglio e attento, ho deciso di riproporre un paio di canti gregoriani: il gruppo è tornato lentamente a parlottare, con qualche lamentela.
Una volta messo nuovamente Mozart il gruppo è tornato allo stato silenzioso e vigile (a parte i cronici che son soliti dormire anche nelle situazioni più caotiche).
L’effetto è durato per un’altra ora, fino alla fine dell’intervento.
Ho ripetuto l’esperimento nella settimana successiva ottenendo lo stesso effetto.
In questo secondo appuntamento gli operatori si sono prodigati più volte e in modo prolungato nel loro approccio irruento, anche continuando a parlare dei loro affari ad alta voce durante l’attività.
Solitamente richiedo il silenzio, ma in questo caso ho deciso di non intervenire per monitorare gli eventi.
Ho rilevato un’agitazione generale che cresce in presenza degli operatori e decresce lentamente dopo la loro uscita. Gli interventi più irruenti hanno effetti maggiori sul malessere generale e il tempo impiegato per tornare ad uno stato di quiete è più lungo.
Lasciati soli con la musica di Mozart, lentamente, torna il silenzio.
Perché avviene questo?
Si tratta del famoso “effetto messa”?
Il potere esoterico di Mozart?

Sicuramente è un dato importante da diffondere e un’esperienza da ripetere e approfondire.